Voglio prima raccontarvi una storia. E poi ragionare insieme a voi sulla sua morale.
Si tratta di Sir Ciappelletto, un personaggio del Decamerone di Boccaccio, un notaio di Prato, un tipo malvagio, perfido, depravato, uno che passava il suo tempo a ordire azioni squisitamente cattive persino ai danni della sua famiglia, un autentico figlio di puttana che un giorno viene incaricato dal suo amico e protettore Musciatto Franzesi, un ricco mercante, di riscuotere dei crediti in Borgogna.
Durante il suo soggiorno francese, ospitato da due usurai (tanto per stare in linea con la sua disdicevole morale), si ammalò. E prima di morire chiese e ottenne di essere confessato da un prete del posto.
Fu chiamato un frate abilitato alla confessione. A costui Sir Ciappelletto raccontò la più lunga, inaudita e articolata serie di fandonie e stronzate, prendendosi gioco ancora una volta di tutti quelli che lo circondavano, e facendosi passare agli occhi del frate che non lo conosceva come una persona per bene, generosa, altruista, con un profilo morale molto alto, un vero santo.
Fu così bravo e creativo nei suoi racconti che il frate non ebbe alcun dubbio di avere di fronte a sé un benefattore. E per questo, quando il notaio morì, oltre che mettere a disposizione gli spazi del suo convento per la sepoltura, tenne un discorso per i fedeli molto toccante, elogiando le numerose virtù cristiane del defunto e descrivendolo come l’esempio perfetto del buon cristiano.
Fin qui, nulla di particolarmente strano. Del resto, un po’ siamo abituati ai raggiri e alle menzogne. E non ci stupisce tanto che un notaio, abile narratore, abbia saputo intortare un frate ingenuo che per giunta neanche lo conosceva.
Ma la storia continua in questo modo: con il passare del tempo le persone cominciarono a venerarlo e a omaggiarlo come un santo. Fiori, preghiere, racconti persino fantasiosi sulle sue gesta cristiane si diffusero rapidamente tra i cittadini borgognoni.
Sir Ciappelletto, vissuto da pezzo di merda, morto da benefattore. Ricordato come un santo.
È una storia interessante, un bel pezzo della nostra inimitabile letteratura classica che consiglio di leggere, anche perché è ricca di passaggi divertenti e satirici.
Io l’ho scoperta un giorno quando mia figlia Giovanna era in salotto: ripeteva questo brano del Boccaccio in presenza di mia moglie per via di un esame universitario. L’ho sentita e le ho chiesto di ripeterla per me.
Sono rimasto sbalordito. Ho sorriso. Ma ho provato rabbia. Perché è la fotografia perfetta di mille altre storie vere in cui gente senza scrupoli, assassini, vigliacchi, malfattori, bastardi, criminali, passano alla storia come persone per bene da ricordare persino attraverso i libri scolastici e religiosi.
Molti intellettuali hanno provato a interpretare il significato del testo del Boccaccio. Secondo Benedetto Croce, per esempio, si tratterebbe di una storia priva di senso, finalizzata più che altro ad esaltare le doti recitative del notaio. Altri hanno esaltato lo spirito di amicizia tra il Ciappelletto e il mercante, per cui il notaio, raccontando fesserie a costo della dannazione eterna, si sarebbe preoccupato di non danneggiare l’immagine del suo amico Franzesi.
Io, a dire il vero, senza volermi minimamente ergere a esegeta di alcunché, credo che il Boccaccio abbia ipostatizzato (che significa “rappresentato letteralmente”, ma qui è il caso di usare la parola giusta) un fenomeno umano e amaro di ingiustizia che si ripete nel tempo ai danni del «gregge».
Il gregge sono le persone senza spirito di critica costruttiva. Sono quelle che non accettano idee o soluzioni fuori dal convenzionale. Sono quelle che hanno paura di dire in modo diverso da ciò che dicono tutti.
Il gregge è formato da persone che accettano lo status quo e lo difendono fieri come paladini della verità. Solitamente, sono quelli che reagiscono in modo cieco a qualsiasi informazione di contrasto con la loro conoscenza di superficie.
Sono gli analfabeti funzionali, quelli che hanno letto il minimo sindacale dei libri scolastici, senza mai spingersi oltre, limitandosi allo stretto necessario per acquisire il pezzo di carta; quelli che in virtù di quel pezzo di carta si sentono più eruditi dei loro padri o nonni analfabeti totali. E per questo «opinano», commentano, scrivono recensioni, punti di vista, verità ingenue e improbabili.
Ma ignorano il fatto che i loro padri o nonni, laddove non abbiano avuto la fortuna di andare a scuola, perché quelli erano altri tempi, sono molto più ricettivi e aperti dei loro figli o nipoti, perché talvolta l’ignoranza totale (che è sempre qualcosa di orrendo da combattere) è persino meglio dell’ignoranza funzionale.
So che questo passaggio lo capiranno in pochi e che i soliti mallardi reagiranno in modo prevedibile con commenti stupidi, ma Sir Ciappelletto è identico a Cavour, a Garibaldi, al dio biblico chiamato Geova o Yahweh, a madre Teresa di Calcutta e a molti altri personaggi che ricordiamo con nomi di piazze, strade, ospedali e così via.
Il problema è sempre esistito, ma mentre in passato era quasi inevitabile, poiché l’informazione non era alla portata di tutti; oggi, con internet, è la conseguenza di una condotta negligente che le persone assumono nei confronti dello studio e della ricerca.
Questa generazione appare tragicamente svogliata e strafottente, ispirata solo dall’effimero e dal convenzionale.
L’ignoranza funzionale e le scelte convenzionali vivono in un rapporto direttamente proporzionale. Più le persone ignorano, più si allineano alla filosofia del gregge. Più non sanno, più ricorrono al “sentito dire”, alle opinioni, alle istruzioni predicate dai pulpiti.
Ma la storia va studiata, anche quando ci viene insegnata male per manipolarci, perché la lettura “interessata” fa emergere migliaia di contraddizioni e incongruenze rispetto alle quali una persona di media intelligenza è portata a interrogarsi e ad approfondire. E con l’approfondimento si aprono nuovi orizzonti, nuove scoperte, nuove informazioni. Emergono migliaia di personaggi come Sir Ciappelletto, e le loro azioni assumono un senso diverso in un quadro generale diverso.
Pochi giorni fa, sul sito di “Repubblica” è apparso questo articolo (leggilo dopo, finisci prima il mio): http://www.repubblica.it/…/chiesa_svezia_dio_signore_lui_g…/
Parla della chiesa svedese che ha deciso di cancellare tutti i termini maschili per riferirsi a dio. Dio non è maschio, dicono. E neanche femmina (per il momento). Vedrete che fra un po’ sarà un ermafrodita. E qualcuno cambierà arbitrariamente (come è usanza fare con la bibbia da sempre) il significato dei termini ebraici di genere riferiti al presunto dio.
Con tutto il rispetto per gli ermafroditi, non vorrei però che fra qualche anno il problema fossero gli eterosessuali. Visto l’andatio, sarebbe davvero il colmo.
Il punto rimane sempre lo stesso: determinati personaggi con il loro comportamento provocano condizioni sociali, politiche ed economiche da cui scaturiscono leggi, regolamenti e usanze. Gli anni passano, e le nuove generazioni, pigre o artatamente impigrite, DIMENTICANDO quei personaggi e i fatti che li hanno contraddistinti, passeranno ai posteri storie inventate, opinate, costruite ad arte per controllare e manipolare il gregge.
E a quel punto diventa imperante la filosofia di chi afferma “si è sempre fatto così”. Ma oggi, con la storia di Sir Ciappelletto, scopriamo che il “si è sempre fatto così” e un’affermazione insulsa, ingiusta e immorale.
I fatti che conosci per sentito dire o per via di una cultura di primo pelo, mai approfondita, sono quasi sempre diversi dai fatti veri.
Il lavoro, per esempio, non nobilita affatto l’uomo. Lo schiavizza. Lo sfrutta. Lo impoverisce. Lo uccide. E lo disconnette dalla sua vera essenza e dalla natura stessa. Ed è ciò che vogliono i pastori del gregge.
Il lavoro è un atto ignobile, perché nasce da fatti ignobili. Ma tu non hai la giusta conoscenza, non hai la sensibilità e neanche la voglia di crescere per capire veramente che cosa sia il lavoro come lo conosciamo tutti e perché dovresti adoperarti per costruire una vita diversa da quella che stai conducendo oggi, una vita che non sia basata sul lavoro, ma sulla conoscenza, sull’evoluzione spirituale consapevole e sulla reale capacità di generare ricchezza e benessere… per tutti.
Sir Ciappelletto e la morale erano due cose diverse. Anche il lavoro e il benessere sono due cose diverse. La tua vita attuale e la tua vita possibile sono due cose diverse.
Svegliati. E comincia a cercare le differenze.